Prosegue senza sosta la realizzazione dell’opera di Lucio Perone che sarà collocata sul pozzo dei lavatoi a Montelupo. Il lavoro vede la collaborazione fra Tuscany Art, che si occupa di realizzare la statua, e Sergio Pilastri, impegnato invece nella decorazione e cottura dei frammenti. Abbiamo intervistato Sergio Pilastri, che accompagna Lucio Perone nella realizzazione del sua opera.

Sergio Pilastri com’è stato lavorare con Perone? Le è già capitato di lavorare fianco a fianco con un artista per la realizzazione di un’opera?
Lucio Perone mi è piaciuto subito: è molto disponibile, è stata una bella collaborazione. E’ semplice, è una bellezza lavorare con lui, non ti trova mai difficoltà e soprattutto si fida di noi. Fino ad oggi ci siamo incontrati tre volte; in questo momento è a Londra per esporre le sue opere in una bella galleria a Chelsea.
Per quanto ogni esperienza sia unica, mi è già capitato di lavorare a stretto contatto con un artista. Mi riferisco a Piero Sbarluzzi, uno scultore e ceramista di Pienza con cui nel 2002 ho realizzato un’opera per il Vaticano, un’esperienza davvero particolare.

Come avete impostato il processo per la realizzazione dell’opera di Lucio Perone?
Il lavoro è suddiviso con Tuscany Art: Luca ha pensato alla realizzazione della statua, sempre su indicazione dell’artista.
Già nel primo incontro Lucio Perone ha portato il bozzetto e abbiamo affrontato i diversi aspetti; io, per esempio, ho portato avanti una ricerca per la resa ottimale del colore nero della statua stessa. Poi ci siamo incontrati tutti di nuovo, circa 20 giorni fa: si è trattato di rifinire brevemente la statua, per poi iniziare a pensare alla produzione dei frammenti in ceramica da collocare all’interno del pozzo dei lavatoi. L’idea è quella di riprodurre oggetti della “vecchia Montelupo”, molto simili ai frammenti rinvenuti durante gli scavi: tutti ricordano i materiali rinvenuti nel pozzo e nelle zone limitrofe. In questa fase ho dato spazio alla fantasia, introducendo anche un elemento di novità.

Abbiamo scattato immagini delle diverse fasi della lavorazione; in una si vede un vaso completamente bianco; lo stesso vaso, quando esce dal forno rivela colori vivaci. Può spiegare a noi profani che cosa accade?
All’inizio interveniamo su un semi lavorato in terraglia bianca, che viene immerso nello smalto, la sostanza che serve, attraverso la cottura, a far diventare lucida la superficie; prepariamo così la base ideale per dipingere il pezzo. Ogni manufatto viene poi spruzzato con la cristallina, un velo trasparente che conferisce lucentezza ai colori e ne migliora la resa. Successivamente ha luogo una seconda cottura in forno a 950 gradi e, una volta uscito, è possibile “invecchiare” il pezzo. Lavoriamo una terra refrattaria, quando esce dal forno con gli sbalzi di temperatura si spacca, “cavilla”, quindi è sufficente passarci sopra una miscela di bitume diluito/ammorbidito con cera per far espandere e rendere più visibile questo “effetto”.