Lucio Perone ha scelto come sito di installazione della sua opera proprio il luogo da cui tutto ha avuto origine:
il pozzo dei lavatoi da cui sono state scavate e recuperate nel corso dei decenni gran parte delle ceramiche che oggi costituiscono il Museo della Ceramica e che sono le testimonianze più complete e dirette del passato e della memoria di Montelupo Fiorentino.
Ricostruendo virtualmente la fuoriuscita di detriti ceramici dal pozzo, rioccupando quindi uno spazio svuotato e marginalizzato rispetto agli itinerari urbani di Montelupo, Perone ridà centralità al pozzo dei lavatoi e alla storia stessa, lo segna come luogo emblematico immaginando un uomo del futuro (ma anche un archetipo del nostro passato) che rovista tra le rovine del cumulo per cercare una sua identità, i segni della sua storia, riappropriandosi del legame con la terra e con la sua nascita. Passato, presente e futuro vengono letteralmente modellati da Perone in un’unica materia.
La vicenda stessa della scultura di Lucio Perone, l’artista più giovane dei sette invitati, con le sue derivazioni dialettali e domestiche, vernacolari e italiche, meridionali e postmoderne, naive e pop, diventa a Montelupo una sorta di antimonumento, un omaggio ironico ad un’archeologia a cui viene data nuova vita, immessa nello spazio del vivere quotidiano e sospesa magicamente allo stesso tempo, come si fosse di fronte ad una liturgia, ad un rito, ad una cerimonia.
La sua opera è quindi un omaggio alla memoria della città, al suo inconscio collettivo, alla voragine del pozzo che ancora conserva reperti e segreti di una storia quasi millenaria che non potrà né dovrà essere interamente dissepolta per continuare a stimolare il nostro immaginario e a conservare segreti.