Per la prima volta dagli anni Settanta Fabrizio Plessi, che ha sempre utilizzato videocamere, monitor televisivi, neon e comunque tecnologie, anche povere ma pur sempre tecnologie, ha ideato un’opera del tutto priva di elettricità e quindi anche di supporti tecnologici, consistente esclusivamente in materiale ceramico.
Trenta monitor televisivi, riprodotti in terracotta ed “invecchiati” secondo procedimenti cromatici e materici simili al passaggio del tempo su anfore di terracotta, sono installati in una antica fornace come si trattasse di uno scavo archeologico del futuro, rimanenze di una memoria che forse lo è oggi già per noi, trattandosi volutamente del modello di un vecchio televisore degli anni Cinquanta ed essendo ormai la nostra estetica video abituata sempre più a schermi ultrapiatti o addirittura concavi, al plasma o a led.
E proprio mentre le sue ultime creazioni sono pareti digitali di monitor a formare geometrie e moduli in cui scorre acqua e fuoco virtuale, a Montelupo Fiorentino Plessi immobilizza e cancella il tempo liquido del video in supporti antichi, pesanti e materici, seguendo la personale poetica di “segrete complicità” e praticata nel corso di più di cinquant’anni di ricerca e sperimentazione.
Plessi in quest’opera dimostra e svela, se ne fosse bisogno, il suo forte e originario attaccamento alla materia reale e non solo virtuale, utilizzata sotto varie forme nel corso dei decenni (dal legno al ferro, dall’acqua alla stoffa, dalla pietra al vetro), segno di un percorso consapevole tra dimensioni umanistiche sospese tra attaccamento all’antico ma sempre rivolti ad una qualche idea di futuro e con grande attenzione ai linguaggi ed alle opportunità della modernità.