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Marcantonio Bibbiani nasce a Pisa nel 1965; vive a Cascina (PI) e ha il proprio laboratorio a Montelupo Fiorentino. Si laurea in architettura nel 1995, ma già da prima del completamento del corso di studi inizia a formarsi in Arte presso alcuni allora docenti dell’Accademia di Firenze.
Svolge dal 1998 la professione di architetto, soprattutto d’interni e designer, che abbandonerà ufficialmente nel 2008. L’attenzione si focalizza da sempre e preferibilmente sull’oggetto, nella grafica applicata alla superficie ceramica, in particolare negli anni 2000-2001 ( multipli ad Apre 2000, Stazione Leopolda, Firenze). E’ l’inizio di un “nuovo mondo” da scoprire, fatto di cose “da fare”, anche se non ancora da plasmare.
Fino qui la storia di Marcantonio Bibbiani, prima della scoperta della ceramica e della sua dimensione di artista. Da qui in poi è una storia che apprendiamo direttamente dalle sue parole.
Bibbiani ci accoglie presentandoci una sua nuova opera in cui sperimenta la commistione di materiali diversi. Viene naturale chiedergli quale sarà lo sviluppo dell’opera
“La parte principale dell’opera è in maiolica, presenta poi un elemento in cera, che poi realizzerò in bronzo.
Quindi il tuo approccio attuale è quello di lavorare con più materiali contemporaneamente?
Sto sperimentando l’utilizzo dei metalli. In realtà la lavorazione del bronzo è molto legata alla terracotta. I modelli in bronzo, infatti, vengono realizzati in cera oppure in argilla, cotta o cruda. Attraverso la fusione poi vengono riempiti I calchi con I metalli.
È la prima volta che lavori con i metalli?
Diciamo che questo è il mio inizio con la lavorazione dei metalli. Dopo aver utilizzato diverse tecniche con la ceramica e la terracotta, mi sono già avvicinato al ferro che ho combinato con la maiolica e ora sento il bisogno di sperimentare la lavorazione del bronzo.
Ma la maiolica rimane comunque il filo conduttore della tua produzione?
Certo, è il mio grande amore da sempre. Mi sono trasferito qua a Montelupo proprio per questo motivo. Ho cominciato girando diverse botteghe che mi hanno ospitato e permesso di fare pratica.
Mi piacerebbe ricordare per la loro professionalità e gentilezza l’azienda a Camaioni di Gherardi Gino, il pittore Dario Vignozzi, e le Ceramiche Corradini specializzate nella cottura di opere di grandi dimensioni, il pittore Giovanni Fabozzi, e Polito Di Nunno per modelli e stampi.
Perciò hai avuto modo di approfondire la tua conoscenza della ceramica proprio qui a Montelupo?
Ho appreso da tutte le mie esperienze. Ovviamente all’inizio avevo un’altra formazione.
Mi mancava il vezzo artistico che ho acquisito nel tempo, ma possedevo una buona base di partenza data dalla mia formazione come architetto, che mi aveva già dato la possibilità di sperimentare diversi materiali come il legno e il ferro.
Parliamo della tua formazione precedente alla scoperta della ceramica…
Ho studiato architettura e fatto 10 anni di libera professione. Poi sono passato allo studio del design e delle arti applicate, scoprendo la mia passione per la ceramica. Una passione che ho trasformato nel mio lavoro da ormai 14 anni, in corrispondenza con il trasferimento a Montelupo
Nell’ultimo periodo hai raggiunto risultati importanti con due mostre di rilievo, una a Torino e l’altra a Roma…
La mostra al Mit di Torino è una collettiva, in cui mi hanno chiamato perché avevano individuato un mio lavoro “Il Cristo sushi dentro Pangea” molto pertinente al tema della mostra -arte e food-, scegliendo poi la mia opera per il manifesto dell’esposizione.
La mostra a Roma, invece, è una personale in galleria. Non è che voglio ridurre le iniziative nelle quali sono coinvolto in questo momento, ma essendo stata organizzata in galleria prevede sia l’esposizione che la vendita delle opere. Perciò viene fatta una selezione dei lavori dell’artista, che non presenta in modo completo la sua esposizione. Per questo motivo considero più importante a livello personale la mia partecipazione all’Antologica di Montelupo , la quale mi ha permesso di esporre in modo ampio e completo il mio itinerario artistico.
La mostra alla galleria Coronari di Roma ha come filo conduttore il Cristo, un elemento che ricorre nella tua poetica
È un progetto che mi dà molta soddisfazione, perché è un lavoro che ho fatto come omaggio a mio babbo. Il lavoro su questo tema venne presentato alla personale del Museo di San Marco a Firenze, patrocinata sia dal comune di Montelupo che da quello di Cascina. Ho continuato poi a lavorare in questa direzione date anche le richieste su commissione.
Ritengo inoltre che per l’artista sia fondamentale il confronto con l’iconografia del Cristo e con la sua spiritualità. Si può produrre in varie direzioni, ma il confronto col sacro è inevitabile e doveroso.
La tua riposta apre uno spunto di riflessione, hai detto –continuo a lavorare su questa tematica perché mi interessa ma anche perché trova un mercato. Quindi un artista per svolgere il suo lavoro può seguire solo la sua ispirazione artistica o deve necessariamente aprirsi anche alle richieste del mercato? Che rapporto sussiste tra le due dimensioni?”
Ritengo sia indispensabile oltre che l’ascolto di sé, anche quello verso gli altri. Essere artista è un lavoro di continuo arricchimento e crescita. Se non si ascoltasse si rimarrebbe isolati nel proprio io e non si avrebbe la possibilità di abbracciare cose che magari per indole non ci interessano. Quindi lo stimolo dell’artista è anche legato al commercio e alle idee condivide dai cultori e collezionisti d’arte dotati di grande sensibilità. È grazie proprio agli stimoli provenienti dall’ambiente esterno e dal mercato che viene tracciato il percorso di un artista, aiutandolo a maturare nella sua arte e a superare sempre nuovi limiti.
Concluso il ciclo delle iconografie del Cristo, c’è un altro tema che ti appassiona e magari presenta un filo conduttore con il progetto precedente?
Ora sto lavorando sulla tematica dell’eros che è diametralmente opposto a quello dello spirito, ma se vogliamo anche l’amore presenta una certa spiritualità. Un’ispirazione artistica che non ho sviluppato dall’oggi al domani, ma su cui sto riflettendo da tempo. Mi sono avvicinato al l’Eros perché mi è stato suggerito da altre persone e perché ho voluto scoprire una nuova dimensione di me prendendola anche come un’occasione per stare più leggeri e spensierati.
E finora che opere hai realizzato su questo tema?
Ho cominciato a produrre opere sull’eros su commissione già da molti anni, come “L’amore assoluto” un contemporaneo della personale a Pisa del 2007.
Sullo stesso filone si colloca anche “La Palmira” che ho realizzato per il progetto “Condivisioni”, in cui molti artisti erano invitati a partecipare su uno stesso lavoro.
Ho realizzato questa opera con Viviana Cosci docente di anatomia. “Palmira”, rappresenta il tema della femminilità in Oriente, ma Palmira è anche una città distrutta, un omaggio all’arte antica che si perde in ragion delle guerre.
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