Opera dell’artista Marco Bagnoli nel Parco dell’Ambrogiana
Progetto realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (IX edizione, 2020), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura (MIC)
Il Signore entrò nella tintoria di Levi, prese settantadue colori, li gettò nel calderone e li ritrasse tutti bianchi e disse: “Il Figlio dell’uomo è giunto invero come un tintore”. Vangelo di Filippo
L’opera di Marco Bagnoli ha un’origine lontana: sorge nell’immaginario dell’artista nel 2010, dopo un viaggio in Iran e passa attraverso gradi di trasformazione. Se nella prima creazione, pensata per il giardino del Padiglione Italiano di Auroville (città indiana nata dalla visione del filosofo e mistico Sri Aurobindo) sono le piante a circondare una fontana che sta al centro, nella sua evoluzione pensata per il giardino ad Isfahān, in Persia, già i vasi sostituiscono le piante.
Pur cambiando nel suo aspetto formale, l’opera si fonda sempre sul quinconce: gruppo di cinque unità, di cui quattro sono vertici di un quadrato e la quinta è il suo centro. Da questa disposizione armonica – spesso utilizzata da Bagnoli – nasce nell’opera per la Villa Medicea dell’Ambrogiana un giardino originario: rappresentazione simbolica della terra nel momento della sua creazione; sospensione in un luogo in cui le cose ancora non emanano alcuna ombra e ci sono restituite in tutta la loro purezza.
Settantadue nomi – Italian Garden – è costituita da 72 vasi in ceramica smaltata blu, verde e rame a terzo fuoco; il centro del quinconce – che rimane apparentemente vuoto – ospita la forma ideale di un vaso asimmetrico che nella sua rotazione dà origine ai 72 profili dei vasi torniti, posti a quinconce nel giardino.
Settantadue nomi – Italian Garden ha inoltre una componente sonora fondamentale: quasi una voce che emana dai vasi stessi e che intona le parole del poeta persiano Rumi:
Ed io chiesi: “Che cosa fare del mio cuore?”.
Lui disse: “Dimmi che cosa contiene”.
Ed io risposi: “Dolore ed amarezza”.
Lui mi disse: “Tienilo così com’è. La ferita è il punto da dove la Luce entrerà in te”
Voce di poeta qui resa viva dalle voci degli artigiani e di chi ha collaborato a vario titolo alla costruzione dell’opera: una rappresentanza e una rappresentazione della capacità manifatturiera del territorio toscano.
Proprio in virtù di questo canto i vasi si potranno trasformare in sonovasori.
Sonovasoro – anagramma di vaso sonoro – è opera archetipica di Bagnoli esposta per la prima volta a Valencia nel 2000.
Durante il complesso processo artistico di realizzazione dell’opera avvenuto nella fornace, nell’Atelier Marco Bagnoli e infine nel parco della villa Villa Medicea dell’Ambrogiana – è stato prodotto un video d’arte a cura di Ela Bialkowska e Giulia Lenzi, con la coreografia di Catherine Galasso, girato con la partecipazione attiva degli artigiani che hanno realizzato Settantadue nomi – Italian Garden.
Il video, che è parte integrante dell’opera stessa – anzi contribuisce a renderla Opera Scenica, altro tema fondante e caro a Bagnoli è stato proiettato la sera dell’inaugurazione sul muro di cinta della Villa Medicea dell’Ambrogiana e sarà presentato nelle conferenze nei musei partner del progetto: il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, il Museo della Ceramica di Montelupo Fiorentino e il Magazzino Italian Art di Cold Spring (NY), e in altre sedi prestigiose, comprese le città della rete AICC (Associazione Italiana delle Città della Ceramica).
Settantadue nomi – Italian Garden è corredato da un catalogo edito da Fondazione Museo Montelupo a cura di Giuliano Serafini e contenente anche un testo critico di Pier Luigi Tazzi, che prima della sua scomparsa tanto entusiasmo ha infuso in questo progetto.
Settantadue nomi – Italian Garden è destinata alle collezioni del Museo della Ceramica, istituzione culturale che, affiancata dalla Fondazione Museo Montelupo, promuove l’utilizzo del materiale ceramico nella produzione di opere d’arte contemporanea anche attraverso residenze d’artista.
Oltre alla ceramica va citata nell’opera di Marco Bagnoli anche la presenza del vetro, altro materiale significativo nella produzione manifatturiera del territorio.