Gianni Asdrubali concepisce la pittura come vuoto attivato dal segno, dal gesto e dall’energia che il pittore stesso trasmette allo spazio, dipingendo una parete o una tela.
Non nuovo ad azioni su grandi superfici ceramiche, per la prima volta, e a dimensioni ambientali e su scala tanto grande, Asdrubali vede una sua parete di piastrelle smaltate e dipinte collocate in uno luogo pubblico e di quotidiano passaggio, in questo caso proprio sugli argini del fiume Pesa che metaforicamente, con la sua liquidità e i suoi flussi naturali e stagionali, ripete i flussi e le correnti della pittura di Asdrubali, data di getto sul supporto ceramico, costituito da due pareti indipendenti ma dialoganti di mattonelle quadrate di sessanta centimetri, per un totale di cento, a formare un getto di colore lungo dodici metri ed alto tre.
Il colore scelto dall’artista è la zaffera, un blu pieno e profondo tipico di così tante ceramiche antiche di Montelupo.
Un colore che per certi versi era già cromia specifica della pittura di Asdrubali e che magicamente è diventato superficie veloce, liquida, stesa ben al di là delle anguste dimensioni spaziali che possono permettere piatti, vasi o suppellettili ceramiche.
Il “muro magico” di Asdrubali si integra perfettamente col dinamismo di un elemento naturale, il fiume, che è allo stesso tempo parte indissolubile del paesaggio urbano di Montelupo: il suo muro di zaffera diventa così una sorta di porta di ingresso alla città, posta sul confine tra terra e acqua, pietra e fiume.