Il grande lavoro di Asdrubali

Gianni Asdrubali, per realizzare una grande parete di 12 metri in piastrelle di ceramica smaltata, ha dovuto inventare un pennello che potesse seguire la sua gestualità e tradurre l'energia della sua pittura di spazio e di tensioni. Il colore blu scelto e accuratamente selezionato con i ceramisti dell'azienda Ceramiche d'Arte Ammannati è quello della tradizione della ceramica di Montelupo: la zaffera!

 


Lucio Perone a Montelupo

Lucio Perone: la forza del passato

Lucio Perone interviene nel luogo simbolo della storia ceramica di Montelupo: il pozzo dei lavatoi. Realizza una figura umana, a grandezza naturale, colta nell'atto di disseppellire alcuni preziosi reperti. Tra questi  ci sarà anche un frammento del celebre "Rosso di Montelupo", collocato fra le mani della statua.

In questa opera d'arte rivive la storia; la scoperta della ceramica diventa un fatto quotidiano.

Dopo aver superato i secoli, ciò che giaceva dimenticato in un pozzo adesso può spingersi ancora oltre: oltre i musei, le fotografie, i libri, persino oltre i ricordi di chi, allora, partecipò agli scavi.


Bertozzi e Casoni illustrano la loro opera al museo della Ceramica

Bertozzi e Casoni illustrano la loro opera presso il Museo della Ceramica di Montelupo alla presenza del Curatore Tonelli, della  responsabile del progetto Benedetta Falteri.


Plessi incontra Montelupo

Fabrizio Plessi, il pioniere dell'uso della tecnologia e della video installazione in Italia, vuole trasformare la sua materia prima per eccellenza, il monitor di un televisore, in reperto di scavo, detrito archeologico, rovina del tempo. La tecnologia diventa ceramica primordiale e futuribile allo stesso tempo. 30 monitor prodotti da Dolfi invaderanno lo spazio di un'antica fornace

 


L'impeto creativo: Asdrubali all'opera

Gianni Asdrubali crea la sua opera per la città di Montelupo che verrà installata sull'argine del torrente Pesa. È incredibile il gesto creativo e l'energia necessatia per compierlo. Il risultato è una composizione armonica e dinamica.

 


L'opera di Bertozzi & Casoni nel giardino del Palazzo Podestarile

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L'opera di Lucio Perone nel pozzo dei Lavatoi

Lucio Perone realizzerà un'opera per il luogo simbolo della ricostruzione della storia della ceramica di Montelupo: il pozzo dei lavatoi (vedi note storiche finali).

L'artista ha inteso riprodurre nell'opera il racconto del recupero della storia della ceramica di Montelupo così come narrata nel Museo di Montelupo, riproducendo una figura umana a grandezza naturale nell'intento di recuperare oggetti in ceramica che emergono dal pozzo. L'opera sarà installata direttamente sul pozzo dei lavatoi, e si comporrà di una figura umana in terracotta smaltata e di diversi manufatti (vasi) che copriranno la superficie del pozzo.

Il “pozzo dei lavatoi”: la storia ritrovata.

pozzo dei lavatoi, monelupo fiorentino
pozzo dei lavatoi, monelupo fiorentino

Nel 1973, demolendo alcuni vecchi lavatoi pubblici per realizzare una piazza, fu scoperta l’imboccatura di un antico pozzo idrico, riempito dopo l’abbandono con gli scarti di lavorazione delle vicine fornaci ceramiche. Lo scavo, avviato in maniera approssimativa dai dipendenti comunali, fu fatto proseguire dalla Soprintendenza Archeologica per la Toscana nel 1975 con metodo scientifico.

Il contenuto del pozzo, ormai noto come “dei lavatoi”, rappresentò una vera rivelazione, in grado di cambiare molte conoscenze apparentemente acquisite sulla storia della ceramica rinascimentale di area fiorentina. Grazie ai reperti qui rinvenuti, infatti, Montelupo si configurava come un centro di produzione di fondamentale importanza, assumendo inaspettatamente la fisionomia di luogo specializzato per la fabbricazione della maiolica, in grado non soltanto di soddisfare le esigenze del mercato di Firenze, ma anche di animare cospicue correnti di esportazione. Dallo scavo del pozzo emergeva dunque un quadro storico di grande interesse, grazie al quale la storia della comunità montelupina poteva essere ricostruita nella sua reale consistenza e nel suo effettivo significato.

Le indagini all’interno di questa grande struttura si sono protratte per lungo tempo, e vanno ormai definitivamente volgendo alla fine: ad esse hanno partecipato nel periodo 1977-2008 numerosi volontari, inquadrati nel Gruppo Archeologico di Montelupo.

Il pozzo fu probabilmente abbandonato all’inizio degli anni ’30 del Trecento, ma la sua colmatura con scarti di fornace iniziò assai più tardi, nel 1420 circa. L’imponente struttura, costruita evidentemente nel corso del Duecento, ha una profondità di oltre 31 metri dal piano di campagna ed un diametro interno di metri 2,20 (metri 2,80 con l’anello esterno in bozze di pietra). Esso fu costruito nell’area sommatale della collina (detta del “castello”), per assicurare alla popolazione, in caso d’assedio, la necessaria riserva idrica.

Le aziende del territorio che realizzano l'opera con Lucio Perone[/fusion_title][fusion_text]

 


L'opera di Loris Cecchini nella Piazza Centi

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L'opera di Gianni Asdrubali lungo l'argine del fiume Pesa

Per il lavoro l'artista utilizzerà piastrelle ceramiche fornite dal Gruppo Colorobbia di dimensioni 60 cm * 60 cm, a formare un'opera composta da due moduli (rettangoli) di 6 metri per 3 metri (altezza), da comporre in un unico grande quadro di 12 metri per 3 metri di altezza. Il colore scelto per la decorazione dell'opera, con lo strumento di decorazione realizzato dall'artista, è il blu zaffera, nella tonalità scelta con l'azienda che ospita al produzione dell'opera, la Ceramiche d'Arte Ammannati.

Scritti dell'artista durante la progettazione dell'opera:

“le metto per terra e poi intervego, se non ce la faccio (fino a due anni fa andava bene fino a sei metri per tre, ora problema, ma forse no) uso un piano dove metto insieme 6 piastrelle 60 x60 per un formato 120x180, eseguo il lavoro e dopo averlo finito ne inizio un'altro e poi un'altro e poi un'altro... dopo di che li metto tutti insieme casualmente e indipendentemente dal formato quadrato o rettangolare di ogni singola opera.

Ogni opera è finita in se, non è una continuazione delle altre ma si unifica con le altre nelle interruzioni per energia, in un tutto. Prima faccio l'opera poi si può metterla in qualsiasi posto, si può vedere o quì o là,

Per il colore mi piacerebbe una terra blu scura, più scuro è meglio è, oppure nero".

Il Blu Zaffera di Montelupo – brevi cenni (Museo)

IMG_4740_resLe più antiche maioliche (ceramiche con smalto a base di piombo e stagno) sinora rinvenute in Montelupo risalgono alla fine del Duecento; esse mostrano una sottile smaltatura delle parti principali, mentre quelle secondarie (i rovesci delle forme aperte e l’interno delle chiuse) possono essere lasciate prive di rivestimento, oppure ricoperte da una pellicola trasparente di solo ossido di piombo. Nella decorazione si impiegano due colori, il verde (ossido di rame, detto anche ramina) ed il bruno-nerastro (ossido di manganese).Questo genere di ceramica smaltata si diffonde in tutta la penisola italiana a partire dalla seconda metà del XIII secolo, ed è chiamato Maiolica Arcaica, nonostante non sia il più antico, essendo preceduto dalla cosiddetta Protomaiolica (1180-1270 circa), prodotta però solo in pochi centri di fabbrica.

Plessi_TAV-14_webLa maiolica arcaica avrà una vita lunghissima, giungendo sino agli inizi del Cinquecento, ma nel corso di questo lungo arco cronologico verrà ad assumere un ruolo sempre più secondario, perdendo in particolare la sua unicità. In Toscana, infatti, già verso il 1360 essa sarà affiancata da una versione in blu (Maiolica Arcaica blu), abbandonata dopo circa un ventennio per dar luogo a prodotti dove l’ossido di cobalto viene utilizzato con l’aggiunta di piombo, in maniera tale che, fondendo quest’ultimo, la pittura può rilevarsi sulla superficie smaltata (Zaffera a rilievo).

Con il cobalto si ottiene quindi la zaffera caratterizzata da decori a rilievo in blu intenso – per questo è detta anche zaffera a rilievo - che spesso richiamano la foglia di quercia: l’effetto rilevato si deve all’aggiunta di piombo che, fondendo a più bassa temperatura, spinge il cobalto ad alzarsi sulla superficie smaltata.

Le aziende del territorio che realizzano l'opera con Gianni Asdrubali[/fusion_title][fusion_text]

 


L'opera di Fabrizio Plessi nella vecchia Fornace del Palazzo Podestarile

1) Come la sua arte si approccia alla Materia Prima ceramica? Fin dagli anni Settanta la materia prima del mio lavoro è stata il monitor del televisore, che ho utilizzato per realizzare numerose videosculture. Basti considerare che nel1989 avevo realizzato, nell'importante mostra Videoskulptur 1963-1989 di Colonia, una serie di monitor televisivi spenti intitolata appunto Materia Prima, una sorprendente coincidenza! Per certi versi la mia personale materia prima è stata proprio la tecnologia. Pur avendo utilizzato in passato anfore in terracotta affiancate alla tecnologia per una grande installazione in El Cairo nel 2001 dal titolo Mediterranea, in questo caso ho dato un senso letterale all'originarietà della materia tecnologica ideando dei monitor di terracotta.

2) Le Sculture in Città per Montelupo e il rapporto Arte e Artigianato. Come nasce la sua opera sul territorio e per il territorio?La fornace Cioni Alderighi che mi è stata assegnata come luogo di realizzazione del mio lavoro, di per sé una grande scultura ambientale in terracotta, mi ha ispirato fin dall'inizio ad interagire con l'identità stessa del posto, dove appunto si producevano, modellavano e cuocevano terracotte. Considerandomi un barbaro delle tecnologia ma anche un amante dei materiali (dal ferro alla stoffa, dalla pietra al legno), in questo luogo carico di storia ho ambientato la mia stessa storia personale, quella di pioniere dell'uso della tecnologia in Italia.

3) Come la sua opera si relaziona con la storia e la tradizione di Montelupo?I miei televisori in terracotta, trattati come fossero veri e propri reperti di scavo, riprendono la storia stessa della ceramica di Montelupo Fiorentino, dei suoi ritrovamenti archeologici, della sua collocazione in una sede museale, dei suoi scavi urbani. Nella mia opera ho immaginato di mandare in corto circuito il tempo antico con quello presente, creando un reperto tecnologico che per certi versi è oggi la forma stessa del monitor televisivo, ormai classico  e antico rispetto ai nuovi schermi digitali al plasma o a led.

Le aziende del territorio che realizzano l'opera con Fabrizio Plessi