E che, vogliamo scherzare!

#collezionemontelupo

Eccoci
pronti a continuare il nostro viaggio nelle collezioni del Museo. Questa volta
vi propongo un piatto
assai curioso, rinvenuto nel recupero di uno scarico di fornace nell’area del
castello, quello denominato
“scavo Tridente” per la presenza di molti manufatti che portavano la marca
della bottega che si identificava, appunto, con
un tridente. Eccoci di fronte all’opera di un pittore che sembra essere in vena di scherzi.

Il
piatto in questione presenta una decorazione del tutto atipica, infatti non può
essere riportato a nessuno
dei canoni decorativi che caratterizzano le decine di motivi decorativi delle
fornaci montelupine. La superficie da decorare e
divisa in due zone, la parte centrale per il decoro principale e quella per il decoro di
contorno che occupa tutta la larga tesa del manufatto. Le zone per il decoro sono delimitate da
filettature in blu cobalto.

Sulla
tesa, il nostro pittore, ha realizzato due figure di bambini in fasce, posti
uno in alto ed uno in basso
rispetto alla parte centrale del piatto. I due bambini sono, a dire il vero,
piuttosto rubicondi, uno
dei due anche decisamente “in carne” e mostrano una folta capigliatura. Anche
le fasciature sono
abbastanza atipiche, l’usuale candore della stoffa usata è questa volta
interrotto da una striscia di
colore ed una puntinatura decorativa. I nastri che si vedono sul fondo, a
chiusura delle fasciature, fanno
sembrare queste ultime due vasi da cui spuntano le teste dei due bimbi.

Sul
lato destro e sinistro, sempre rispetto al centro del piatto, sono
rappresentati due busti, che data la
presenza dei bimbi in fasce a cui si intercalano, si presume femminili (vista
anche l’ampia scollatura),
ma che presentano una capigliatura acconciata in modo più maschile.

Nei
quattro spazi lasciati vuoti da queste due coppie di elementi il nostro pittore
ha inserito in

ognuno
di questi un “uccellino” che diverrà poi un elemento decorativo distintivo
della produzione montelupina
fino alla metà del secolo scorso.

Se
questo era quello rappresentato sulla tesa non può stupire che nella parte
centrale sia

rappresentato
ancora un “uccellino” cromaticamente uguale a quelli già realizzati per il decoro
di contorno, ma che al posto della testolina
ed al beccuccio ha una testa di uomo che per giunta porta un cappello nero con una tesa molto
grande, che sembra supplire alle ali che non ha. Si
potrebbe anche pensare alla rappresentazione di una “arpia” mitica creatura con
corpo di uccello e
volto umano, ma la presenza del buffo cappello sembra indicare più la volontà,
da parte del suo autore,
di prendere un po’ in giro qualcuno, insomma siamo in presenza di una vera e
propria “caricatura”.

Chissà
se il destinatario dello scherzo l’avrà presa bene?

Alessio
Ferrari


Nuovo numero di telefono per il Museo

ATTENZIONE

Si comunica che il Museo della Ceramica 
ha un nuovo numero di telefono:

Contatti

Informazioni e prenotazioni

+39 0571 1590301 - info@museomontelupo.it

Direttore scientifico Alessandro Mandolesi

+39 0571 1590357 - direzione@museomontelupo.it

Direttore Fondazione Museo Montelupo Benedetta Falteri

+39 0571 1590360 - b.falteri@museomontelupo.it

Conservatore Alessio Ferrari

+39 0571 1590359 - a.ferrari@museomontelupo.it

Segreteria e didattica Giulia Corbo

+39 0571
1590361 - g.corbo@museomontelupo.it


Le ceramiche delle tenebre

#storieceramiche

Dalla seconda metà del Novecento, in alcune manifatture di Montelupo Fiorentino, sono state realizzate collezioni e pezzi unici d’autore ai più sconosciuti. La grande disponibilità di imprenditori e artigiani ha costituito i presupposti ideali per realizzare queste opere, che rivelano nuove visioni e, al contempo, sono espressione della cultura del fare, delle potenzialità artigianali e dei valori storici di questi luoghi. A partire da oggi vi racconteremo queste esperienze, nella serie “Pezzi unici e Collezioni d’Autore” a cura di Marina Vignozzi Paszkowski.

Voglio cominciare con Le ceramiche delle Tenebre realizzate da Ettore Sottsass nel 1963 presso la manifattura Cav. Guido Bitossi & Figli.

Sottsass era
convalescente, aveva lasciato alle spalle gli avvenimenti che lo avevano
portato vicino alla morte. Le ceramiche
delle Tenebre
, “forse le più belle e rare” (Radice, Ettore Sottsass, 1993), vennero disegnate in questo difficile
momento “in una esplosione di fantasia, mentre ‘rientrava’ dal cortisone,
torturato da emicranie insopportabili” (F. Pivano, Ettore Sottsass Ceramiche dal 1955 al 1970, in “Domus”, 749 1993,
p. 70).

Sottsass scrive il 28
gennaio del 1963 ad Aldo Londi che intende realizzare una “quarantina di
cilindri tutti uguali ma di dimensioni diverse e nei quali cambiano soltanto le
decorazioni”, da farsi in terraglia o in terracotta (Archivio Aldo Londi).

Le
ceramiche delle Tenebre
Sottsass le ha pensate di notte, le
ha pensate spiando gli occhi sbarrati e il respiro angosciato della sua
compagna, Fernanda Pivano e a lei sono dedicate.

Nelle settanta
straordinarie ceramiche dalle forme “cilindriche con bordino” e con un preciso
rapporto tra diametro e altezza, sono inseriti su fondo nero colorati segni del
tempo e simboli del cosmo. Al colore Sottsass riconosce un significato
simbolico, alchemico. Quei segni-simbolo colorati caratterizzano dunque questo
corpus di ceramiche, che ancora una volta sono frutto, al dì là delle
congiunture e delle citazioni colte o aneddotiche, dello sviluppo di una sua
pregressa ricerca, che ritroviamo anche nei dipinti, nelle decorazioni a
piastrelle e nei mobili: le diverse finiture della superfice interagiscono con
la luce dando il massimo di espressività ai grandi soli, ai dischi magici e
alle oscurità.

Le
ceramiche delle Tenebre
vennero presentate a Milano presso la
galleria Il Sestante nel 1963. Sono oggetti silenziosi, adatti a gesti regali:
“Faremo altari per sacrificare le nostre solitudini e altri altari per fare
l’amore […] per prendere contatto ancora una volta con il pianeta” (E. Sottsass,
Le ceramiche della Tenebre, in East
128 [1], 1963).

Marina
Vignozzi Paszkowski

Foto tratte da Le ceramiche della Tenebre, East 128 [1], 1963; da Ettore Sottsass Ceramics, a cura di B. Bischofberger, Chronicle Books, San Francisco, 1996 [fotografie di Santi Caleca].


Lo scavo archeologico dell’Ambrogiana

#archeologiamontelupo

Il Museo Archeologico
raccoglie una grande varietà di reperti recuperati grazie alle indagini
archeologiche: dai più piccoli frammenti agli oggetti più particolari, il museo
rivela ai suoi visitatori la storia più antica di Montelupo e dei suoi
dintorni.  Ed è proprio a un passo dal
Museo Archeologico che abbiamo scoperto qualche anno fa un sito davvero
speciale: il sito protostorico dell'Ambrogiana.

Gli archeologi, grazie
allo scavo, hanno il compito di raccogliere ed interpretare anche le più
piccole tracce rinvenute nel terreno e i reperti in esso nascoste, tutti
piccoli tasselli che, messi insieme come in un mosaico, vanno a raccontare la
storia di un territorio. Lo scavo è la più efficace macchina del tempo, se se
ne conoscono i meccanismi; è proprio durante questa attività che gli archeologi
tendono a immaginare di camminare negli scenari che ricostruiscono. Ed è quello
che è successo grazie alla fortunata scoperta del sito dell'Ambrogiana, molto
probabilmente un abitato ben strutturato e molto esteso.

Durante le prime
indagini, effettuate solo come passeggiata fra i filari di viti, olivi e campi
nel 1998, fu scoperto che tutto il pianoro compreso fra il Museo e la scuola
dell’infanzia della Torre doveva essere stato abitato dai nostri antenati. Nel
corso degli anni sono stati effettuati due scavi, uno nel 2001 e uno nel 2010,
e una campagna di saggi esplorativi preliminare all'ultimo scavo, che hanno
permesso di confermare la presenza di agricoltori stanziati a Montelupo già
5000 anni fa. Nello stesso momento, in un’altra parte della nostra penisola,
viveva anche quell’uomo che chiamiamo Ötzi, meglio conosciuto forse come la
mummia di Similaun.

Nell’abitato
dell'Ambrogiana le attività che si praticavano erano sicuramente agricoltura,
allevamento, lavorazione dell'argilla, come attestano i numerosi frammenti di
contenitori ceramici rinvenuti, attività di filatura e tessitura, testimoniate
dal ritrovamento di fuseruole e pesi da telaio. Ogni tanto doveva arrivare
qualcuno a vendere prodotti sconosciuti al nostro territorio, come oggetti in
ossidiana, una roccia vulcanica con cui si ottenevano strumenti scheggiati
estremamente affilati. Accanto ad agricoltura e allevamento venivano praticate
probabilmente la raccolta di vegetali spontanei e sicuramente la caccia: fra i
reperti trovati ci sono infatti svariate punte di freccia, molte delle quali
mancanti dell'apice. Forse i cacciatori, tornati al villaggio con le prede,
risistemavano le loro attrezzature gettando via le frecce danneggiate e
ricostruendone di nuove, una fotografia che possiamo scattare grazie a ciò che
è stato buttato via in antico. 

Ora al posto del
villaggio ci sono alcune case, c’è via del Parco, il parco dell’Ambrogiana, il
Museo Archeologico e la scuola Margherita Hack. Montelupini di oggi che
inconsapevolmete incontrano montelupini di ieri passeggiando, giocando sul
prato, andando a scuola e si scoprono incredibilmente connessi grazie al filo
della storia quando entrano nel nostro museo!

Lorenzo Cecchini


Riapertura Museo

Dal 18 maggio sarà nuovamente aperto il Museo della ceramica.

Previsti alcuni cambiamenti di orari 

Si potrà accedere alla struttura in modo regolamentato, mantenendo la distanza di 1 metro, indossando le mascherine e usando i guanti o igienizzandosi le mani con il disinfettante che sarà messo a disposizione.

Nelle sale del museo potranno stare un massimo di 10 persone per volta. È attivo un servizio di prenotazione anche per visitatori singoli. Per prenotare si può chiamare il numero 0571/51087 negli orari di apertura.

L’orario provvisorio sarà il seguente:

lunedì 16.00 – 19.00

martedì 10.00 – 13.00 / 16.00 – 19.00

mercoledì 10.00 – 13.00 / 16.00 – 19.00

giovedì 10.00 – 13.00 / 16.00 – 19.00

venerdì 10.00 – 13.00 / 16.00 – 19.00

sabato 10.00 – 13.00 / 16.00 – 19.00

domenica 10.00 – 13.00 / 16.00 – 19.00 (apertura solo del Museo)

Per ora non sarà attivo il servizio bar


Montelupo & Cina

#cantieremontelupo

Montelupo Fiorentino e la
sua ceramica sono abituate ai viaggi. Le rotte mercantili mediterranee e
atlantiche che hanno portato le ceramiche rinascimentali in tutto il mondo, gli
scambi con le diverse culture, hanno aperto la strada ad una propensione naturale
alla curiosità, alla voglia della scoperta, alla contaminazione di stili e
linguaggi.

Si può viaggiare e
conoscere anche senza muoversi da casa, e a Montelupo Fiorentino questo è
avvenuto molte volte, tutte quelle in cui abbiamo visto arrivare opere,
artisti, studiosi, professionisti dell'arte e della cultura che sono entrati in
relazione con il museo e le botteghe lasciando ogni volta un bagaglio più ricco
e importante del precedente.

Il Museo della Ceramica è di per sé un viaggio
nella storia, che apre innumerevoli spunti per approfondire e seguire il
destino dei nostri capolavori, diffusi nei musei nel mondo, ma anche  per rivivere storie di vita quotidiana del
Rinascimento e della storia di Firenze.

Siamo una Città della Ceramica, parte di una rete straordinaria di 46 città italiane che collaborano e discutono sulla tradizione, sulla contemporaneità e il futuro di questo settore produttivo e artistico che unisce tutta la nazione. Da domani a domenica 17 maggio, sotto il segno di Buongiorno Ceramica, queste città festeggeranno insieme la loro arte, in un festival diffuso di immagini e video che inonderanno il web. Sarà un viaggio virtuale, ma ci aspettiamo presto di poterne fare di reali, e di riportare ancora l'esperienza dei nostri artigiani e la passione degli artisti a contatto con le diverse culture del mondo.

Esattamente com'è avvenuto pochi mesi fa, anche se sembra passato un secolo, quando le prime due delegazioni di Montelupo, insieme ad artisti e ceramisti di altre città della rete AICC, sono volate in Cina, all'Art Pottery Village di Fuping. Marco Ulivieri, Ivana Antonini, Patrizio Bartoloni hanno lavorato nella manifattura della famiglia Xu producendo opere frutto dell'incontro tra la tradizione montelupina e la realtà cinese. Un'esperienza che ha segnato le persone e anche il modo di interpretare il proprio lavoro e la propria creatività, in un continuo scambio di relazioni, idee e  competenze.

Ai protagonisti di questo
progetto abbiamo chiesto di raccontare cosa hanno portato con sé dopo il mese
di residenza artistica, se e come è cambiato il loro modo di pensare e fare
ceramica.

“È stata un'esperienza
bellissima che mi ha permesso di entrare in contatto con una realtà diversa,
con altri modi di pensare e di rapportarsi al mondo e alle metodologie di fare
ceramica.

Si è trattato anche di
un'esperienza altamente formativa dal punto di vista lavorativo in quanto ho
potuto sperimentare nuove tecniche e cimentarmi nell’utilizzo di materiali
diversi da quelli che ero solita impiegare nella lavorazione tradizionale. È
un'esperienza rara, che riesce a mettere a confronto realtà diverse che si
fondono nella creazione di oggetti animati da spirito di innovazione.”

Ivana
Antonini

“È stata un’esperienza
fondamentale. Il contatto con la realtà produttiva e artistica cinese, unito
alla possibilità di potermi occupare ininterrottamente dei miei progetti, mi ha
permesso di portare avanti le ricerche a cui stavo lavorando e soprattutto
trovare ulteriori spunti creativi, che hanno dato vita, in quel periodo, ad una
serie di nuovi lavori. È stato veramente un mese ricco e fecondo che ha
allargato fortemente  il mio modo di
pensare, fare e progettare ceramica.”

Marco Ulivieri

“Parlare della mia
esperienza a Fuping in poche parole non è certo una cosa semplice, anche perché
i miei 42 giorni in “terra cinese” sono stati, per me, un’esperienza unica e
intensa, che mi ha permesso di confrontarmi in maniera diretta con un modo di
fare la ceramica diverso dal nostro.

Nonostante le difficoltà
iniziali, sono riuscito ad entrare in sintonia con i ceramisti locali, e
insieme a loro ho creato delle opere originali, dimostrando che, nonostante le
differenti tecniche di produzione, ma con un’unica sinergia, la CERAMICA può
avvicinare i popoli.”

Patrizio Bartoloni

Ora, la pausa forzata ci
costringe ad aspettare una nuova partenza e anche la conclusione di questo bel
progetto che vedrà la realizzazione di una mostra in Cina e di un nucleo
espositivo da presentare in Italia, oltre alla prospettiva di poter ospitare
nelle nostre città gli artisti cinesi che vorranno compiere la stessa
esperienza. Nel frattempo, possiamo ricordare e fare tesoro di ogni dettaglio.

Fino al prossimo viaggio.

Benedetta Falteri


Buongiorno ceramica

Buongiorno
Ceramica, in programma il 16 e 17 maggio.

L’emergenza
sanitaria che stiamo vivendo ci ha portato a ripensare Buongiorno Ceramica, che
naturalmente non si potrà svolgere nelle modalità a cui siamo abituati con
mostre ed eventi.

Così
le 46 cittadine della ceramica italiane propongono un’edizione digitale: il
festival diffuso della ceramica italiana sarà online! Sarà un’edizione
particolare, un po‘ diversa dalle altre. Montelupo e la sua ceramica non poteva
certo mancare a questo appuntamento annuale e condividere, assieme a tutte le
altre città dell’AICC, uno sguardo di fiducia e uno slancio verso una rinnovata
ripartenza, in questa occasione trasformati in un grande abbraccio virtuale fra
cultura, musei, ceramisti, artisti e scuole di ceramica.

Il
Museo Montelupo ha preparato contenuti inediti per partecipare alla rassegna di
video e immagini che inonderanno i canali ufficiali della manifestazione ideata
dall’Associazione Italiana delle Città della Ceramica. Nei giorni scorsi una
troupe ha girato, nei luoghi più suggestivi di Montelupo, una serie di riprese
e interviste, partendo dal Museo per arrivare alle laboriose botteghe, a
documentare collezioni, paesaggi di ceramica, vite dei protagonisti di questo
straordinario settore artistico e manifatturiero. Alla Fornace Cioni Alderighi,
si sono registrate le interviste ad Alessio Ferrari, Benedetta Falteri e
Alessandro Mandolesi sulle collezioni museali, i percorsi di arte contemporanea,
la storia del museo e la diffusione della ceramica di Montelupo nel mondo.
Marco Ulivieri ha poi raccontato la sua esperienza con la ceramica nel suo
studio d’artista. A seguire le botteghe della Strada della Ceramica, per
mostrare e spiegare gli ambienti di produzione e creatività che aspettiamo di
poter visitare molto presto. In un altro video il sindaco Paolo Masetti assieme
a due aziende del territorio raccontano Montelupo, la ceramica, la sua storia e
le prospettive future.

I
video appena realizzati potranno essere visionati su youtube sul canale della
Fondazione Museo Montelupo Onlus sotto la playlist "Buongiorno Ceramica
2020" o sul canale di Buongiorno Ceramica.

Inoltre,
sabato 16 maggio alle ore 19.00 si terrà una diretta straordinaria dal MMAB
sulla pagina Facebook del sindaco, dedicata proprio a Buongiorno ceramica, per
fare on line, il tradizionale brindisi con i ceramisti. Sono invitati a
partecipare e a collegarsi ceramisti, artisti, aziende, e tutti coloro che
vorranno seguire. Il 17 maggio alle ore 14.00 sul canale youtube della
manifestazione il sindaco Paolo Masetti farà da moderatore ad un talk dedicato
al sostegno delle regioni allo sviluppo del settore ceramico a cui
parteciperanno Ciro d’Alò sindaco di Grottaglie, Michele Bettarelli consigliere
regione Umbria, Manuela Rontini, consigliera regione Emilia Romagna e
presidente della commissione attività produttive, Cosimo Borraccino, assessore
regione Puglia. Infine da AICC arriva l’invito per ceramisti, appassionati,
operatori, a pubblicare direttamente sui propri social le foto utilizzando gli
hashtag #buongiornoceramica e #selfieceramico, taggando anche gli account
social di Buongiorno Ceramica.


Lelio Rossi, over 85

#vitediceramica

“Grande Lelio!” gridava con voce gutturale Luis Royo Segura,
un grande amico di Manises, con il suo timbro rauco, soffrendo un po' per spingere
in alto il volume come per un hurrà!

Il suono di questo
bellissimo e affettuoso saluto mi è rimasto nella mente dal mio secondo, e per
ora ultimo, viaggio a Manises, l'iberico gemello ceramico di Monte Lupo tra la
fine del Trecento e la prima metà del Quattrocento, quando con Simone Grazzini,
accompagnammo Lelio a ricevere la più alta onorificenza municipale spagnola,
quella di “Figlio adottivo” di Manises. Un riconoscimento ancora più importante
e sentito rispetto alla nostra cittadinanza onoraria perché insieme all'onore
gli spagnoli aggiungono l'amore per il figlio. Che spettacolo incredibile! Per
le strade tantissime persone lo riconoscevano e lo fermavano. Le donne poi,
anche giovani e belle, lo baciavano e lo abbracciavano con grandi effusioni,
quasi come un fidanzato che ritorna da un lungo viaggio. Che invidia!

Prima del ceramista,
l'uomo. “ Quel rissoso, irascibile, carissimo Braccio di ferro”. Si ma anche
buonissimo, generoso, candido e ingenuo, uno che, nonostante tutto crede ancora
nella parte buona dell'essere umano. Chi lo conosce può abbinare ad ognuno di
questi aggettivi tanti episodi di vita.

Lelio non è figlio
d'arte, non discende da una dinastia di ceramisti e non è un “indigeno”
montelupino ma frutto di un innesto geo-antropologico dovuto alla storica
istituzione dell'allora “Manicomio criminale”.Così si chiamava quando ancora i
nostri pur discutibili costumi non erano stati ulteriormente corrotti
dall'ipocrisia aliena del “politically correct”.

Figlio della campana
Mondragone, nato nell'Istria italiana, fuggito con la famiglia prima del
disastro rosso e impiantato a Montelupo, che il padre, visto il nome
sconosciuto sull'ordine di trasferimento, temeva fosse uno sperduto presidio
carcerario in mezzo alle montagne. Se Pola lo battezzò, Montelupo lo cresimò
col fuoco delle bombe e con le macerie della sua casa. Un inizio vivace, non
c'è che dire.

Ma l'impianto/innesto
non conobbe mai crisi di rigetto e l'istrio-partenopeo si formò alla scuola di
fabbrica di Bacchiòle, al secolo Natale Mancioli, dove imparò a disegnare, a
copiare dai concorrenti, a sviluppare un progetto. Abilità che, una volta
passato all'altra casata-principe, i Bitossi, lo faranno diventare un creativo
“sotto copertura” e uno sviluppatore di progetti sotto l'ala di Chiodo, al
secolo Aldo Londi. Londi però chiudeva spesso e a lungo l'ala e l'esplosivo
Lelio-Braccio di ferro presto si sentì soffocare. Ma “Chi sa, fa”, dove “fare”
significa “fare impresa”. Nasce così lo studio 4 che, come nei tre moschettieri
contiene l'inganno del numero. Anche qui ce n'era uno in più ma non si chiamò
Studio 5. Per questo bisognerà aspettare Berlusconi. Presto gli eventi
pareggiano i conti: quattro di nome e di fatto.

Dopo pochi passaggi, la
fabbrica nuova a Capraia, dove Lelio progetta un'organizzazione modello con il
lay-out allora più avanzato della nostra zona e con il principio fondante che
la mano dell'uomo è una regina che però deve essere aiutata ad essere più
veloce con ogni mezzo, strumento, attrezzo, impianto o artificio. E in questo,
Lelio Rossi, nato sotto la costellazione dell'Aggeggio, fu fecondo inventore di
soluzioni tecniche e pratiche. Si sta descrivendo un modello, un caso studio di
cosa è, di come pensa, di come si pone obbiettivi e di come risolve i problemi
un “Artigiano”. Lelio Rossi, un esempio da manuale di imprenditore italiano che
“ha fatto” il fenomeno mondiale del made in Italy, che portò l'Italia con i
suoi 50 milioni di abitanti, ad essere la 4^ e poi la 5^ potenza manifatturiera
mondiale. Una produzione di gusto moderno, con poca decorazione pittorica,
esaltazione delle forme, dei colori e delle eleganze del rivestimento. Il
Giappone, in particolare, si innamorerà dei “Quattro”.

Dopo lo Studio 4,
chiuso in bellezza e solo per “colpa” dell'Anagrafe, Lelio ha continuato a
mettere a frutto la sua capacità di creatore di immagini, di scene – era stato
a lungo scenografo del Teatro Mignon – e di ceramiche sviluppando un suo
linguaggio tecnico ed estetico-narrativo con i “pagliacci”, con gli ingobbi
colorati, con i racconti a fumetti su carta e su ceramica della storia di
Montelupo, con i “presepi”, straordinarie raffigurazioni in scala ridotta di
ambienti e di mestieri storici, realizzati con incredibile precisione
filologica nel ricostruire fedelmente ambienti e strumenti. E' questo un
ulteriore innesto, un'altra faccia del “Poliedro Rossi”, quello della passione
per il modellismo di navi e di aerei, coltivata insieme all'amico fraterno
Piero Taddei. Non un semplice hobby ma un esercizio di alta specializzazione tecnica.
Questo Poliedro ha un'ulteriore faccia, quella delle nuove tecnologie
informatiche, iniziata fin dall'inizio di questa nuova era dei computer
domestici o “personal” quando, nel 1982, acquista immediatamente uno dei primi
esemplari del Commodore 64 arrivati in Italia. Oggi, io profano e analfabeta,
assisto con sempre nuovo stupore a questo Ragazzo del '34, vent'anni “plus agé
que moi”, che disegna, modifica, compone sulla tastiera del suo computer
grafico come un pianista suona Chopin.

Non può mancare in
questo bozzetto il tratto della sua generosità, testimoniato dalle donazioni di
collezioni di ceramiche e di plastici, i suoi “presepi”, fatte in Italia e
all'estero e presenti sugli edifici di Montelupo. In cambio ha richiesto una
sola ricompensa, affetto e considerazione, un riconoscimento che per lui non è
mai abbastanza.

Infine il suo “candore
che non ha fine”. Sempre alla ricerca di amicizia, forse per vincere una
solitudine esistenziale innata e mai estinta, tende a vedere il bene anche dove
non è e ignorare il male. Assomiglia un po' a Mister Magoo, un personaggio dei
cartoni animati americani degli anni '50 ma arrivato in Italia all'inizio dei
'60 che camminava ad occhi chiusi e scambiava la criniera di un leone per la
pelliccia di una gran signora, ma non gli capitava nulla di male fino a quando
apriva i grandi occhioni miopi. Allora era il finimondo.

Oggi lo salutiamo
prigioniero del virus monarchico e del suo amore per la principessa che ha
bisogno delle sue cure continue. Grande Lelio!

Paolo Pinelli


Aspettando Buongiorno Ceramica!

Si avvicina l'edizione 2020 di Buongiorno Ceramica!, in programma il prossimo weekend del 16 e 17 maggio.

Sarà
un'edizione particolare, un po‘ diversa dalle altre, come particolare è il
periodo che tutti stiamo vivendo. Il Museo Montelupo sta preparando dei
contenuti inediti per partecipare alla rassegna di video e immagini che
inonderanno i canali ufficiali della manifestazione ideata dall'Associazione Italiana delle Città della Ceramica.

Montelupo
e la sua ceramica - un binomio imprendiscibile - non poteva certo mancare a
questo appuntamento annuale e condividere, assieme a tutte le altre città
dell’AICC, uno sguardo di fiducia e uno slancio verso una rinnovata ripartenza,
in questa occasione trasformati in un grande abbraccio virtuale fra cultura,
musei, ceramisti, artisti e scuole di ceramica.

In questi
giorni una troupe sta girando, nei luoghi più suggestivi di Montelupo, una
serie di riprese e interviste, partendo dal Museo per arrivare alle laboriose
botteghe, a documentare collezioni, paesaggi di ceramica, vite dei protagonisti
di questo straordinario settore artistico e manifatturiero.

Alla
Fornace Cioni Alderighi, si sono registrate le interviste ad Alessio Ferrari,
Benedetta Falteri e Alessandro Mandolesi sulle collezioni museali, i percorsi
di arte contemporanea, la storia del museo e la diffusione della ceramica di
Montelupo nel mondo. Marco Ulivieri ha poi raccontato la sua esperienza con la
ceramica nel suo studio d'artista. A seguire le botteghe della Strada della
Ceramica, per mostrare e spiegare gli ambienti di produzione e creatività che
aspettiamo di poter visitare molto presto.

I video
appena realizzati verranno presentati in anteprima sul nostro blog Dis|chiuso, che proseguirà il suo
cammino nei prossimi mesi.


Prego, in posa!

#collezionemontelupo

L’istoriato
ebbe una certa fortuna a Montelupo. Nella produzione tarda, tratti di spiccata
originalità scaturiscono non da incisioni o stampe a tema storico e religioso,
ma dall'osservazione diretta della vita quotidiana. E così una delle produzioni
più caratteristiche e appassionanti di Montelupo, i cosiddetti “Arlecchini”,
sono dominati da soggetti reali come birri e contadini, trecconi e furfanti,
attività di campagna, feste, processioni, battaglie, veri e propri piatti
decorativi di “maniera” arricchiti da una vivace policromia di sapore ormai
barocco.

Fra
alcuni Arlecchini esposti nella mostra “di Tutti i Colori”, in particolare un
esemplare del pieno Seicento, proveniente da una collezione privata fiorentina,
riveste una certa curiosità. Praticamente in posa, come per una ripresa
fotografica, troviamo la raffigurazione di una madre che tiene per mano i suoi
due amati figli, come si desume dalle didascalie identificative poste proprio
accanto alle figure. Si è così ipotizzato che una certa Lucia Bu[on]ami[ci?]
nei Gua[…]i mostri orgogliosa i figli adolescenti Jacopo e Francesca Gua […]i
in posa per un ritratto familiare. Non è neppure da escludere che questo
piatto-ritratto sia stato donato a Lucia dal suo devoto marito, magari da
riconoscere – in una suggestiva ipotesi – nello stesso vasaio che lo ha
dipinto.

(Red.)