Cantieri Montelupo 2023
Sono giunti alla loro terza edizione i Cantieri Montelupo: gli artisti coinvolti sono stati Maria Palmieri, Roxy in the Box, Alessandro Scarabello e Anna Capolupo, insieme ai ceramisti Patrizio Bartoloni, Ivana Antonini (con la collaborazione di Marco Ulivieri), Stefano Bartoloni e Ceramiche d’Arte Ammannati.
Con i quattro autori, nelle residenze svolte tra giugno 2023 e febbraio 2024, si è dunque proseguito e sviluppato il lavoro – sul processo più che sul prodotto – iniziato nel 2021, attraverso il coinvolgimento attivo dei ceramisti del territorio e dell’intera comunità di Montelupo Fiorentino. Il maggiore respiro temporale ha consentito di approfondire e ampliare l’esplorazione delle possibilità offerte dal materiale e dalle tecniche, lavorando ancora di più sull’innovazione e su quella componente dell’imprevisto che caratterizza sin dall’inizio l’intero progetto. L’unica vera regola dei Cantieri Montelupo, infatti, è sin dall’inizio quella di invitare artisti che non abbiano praticamente alcuna esperienza pregressa con la ceramica e che anzi provengano dai linguaggi apparentemente più distanti da essa, in modo da attivare meccanismi spontanei liberi da condizionamenti pregressi, legati in particolare alla dimensione del “progetto”.
Così, la fotografa Maria Palmieri insieme a Patrizio Bartoloni ha dato vita a un’innovazione sorprendente della fotoceramica, legata tradizionalmente a un impianto molto rigido e decisamente ‘funereo’. Attraverso invece un lavoro radicalmente sperimentale sulle superfici e sull’interazione tra immagine fotografica, smalto e cotture, è venuta fuori una serie di oggetti – lastre, scodelle, brocche, mattoni in refrattario – che sembrano insieme nuovi e antichi, e che attivano ancora una volta una delle sedi principali dell’immaginario montelupino: il torrente Pesa (già oggetto, nell’edizione 2022, dell’indagine artistica di Elena Bellantoni con la performance e installazione Misonoseccata). La serie si intitola Rudralith, da Rudra, un’antica divinità vedica legata ai sacrifici rituali: Rudra è ciò che resta dopo il sacrificio, è la verità fondamentale, polvere spazzata dal vento, residuo dell’esistenza che va lasciato andare quanto prima. Come affermano i due autori: “La fotografia è un’arma puntata sul tempo; l’oggetto della fotografia stampata non è che la prova documentale dell’abisso infinito di attimi presenti. Come può dunque essa, che crea metamondi virtuali di dati sull’essere, dialogare con il procedimento ultramaterialista della ceramica? Forse solo, appunto, materializzandosi indelebilmente in essa, installando la sua memoria in quell’hardware portatore di ulteriori dimensioni significanti che è la materia plasmata dall’umano.”
Roxy in the Box si è concentrata sul rapporto tra Montelupo Fiorentino e la villa medicea dell’Ambrogiana, divenuta manicomio criminale negli ultimi anni dell’epoca lorenese e OPG (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) dagli anni Settanta del Novecento fino al 2017, quando l’ultimo paziente ha lasciato la struttura. Nell’installazione in due parti dal titolo On the Air, realizzata insieme a Ivana Antonini e Marco Ulivieri, dunque, troviamo una poltrona con lo schienale ricoperto di rose, simbolo di benessere e serenità, che poggia su una serie di lastre dipinte dai residenti nel corso dei workshop legati alla residenza, con i ricordi dei propri momenti felici (Quante rose hanno un nome?); la poltrona è circondata da cinque megafoni ricoperti con diversi motivi (sigarette, caramelle, lamette, spine, ancora rose) che rappresentano invece le voci degli internati, voci che trovano in quegli elementi occasionali momenti di sollievo e che spesso venivano udite dagli abitanti (Siamo tutti sordi). Quella di Roxy in the Box è un’opera che si concentra sulla fusione tra memoria individuale e collettiva del paese.
I pittori Alessandro Scarabello e Anna Capolupo – che hanno collaborato rispettivamente con Stefano Bartoloni e con Ceramiche d’Arte Ammannati – hanno trasferito nel territorio della ceramica la fase creativa in cui si trovano in questo preciso momento. Quindi, Scarabello – a partire dall’esperienza degli Heretic Exercise, l’originale serie di dipinti a cui si è dedicato negli ultimi anni – ha cominciato a testare il suo stile su mattonelle, pezzi, frammenti di materiale refrattario, saggiando con l’aiuto e i consigli di Stefano (eccellenza nel campo della decorazione pittorica su ceramica) opportunità e resistenze offerte a loro volta da deviazioni, errori, slittamenti. Anna Capolupo ha innanzitutto realizzato i suoi “biscotti” dipinti a smalto (Cecità e Afonia), oggetti a metà tra dipinti, sculture, oggetti devozionali e rituali ispirati a una tradizione antichissima, ancestrale della Calabria. Queste opere sono dunque uno snodo cruciale nell’opera della Capolupo, perché riconnettono la sua ricerca alle proprie radici, in un percorso che si fa sempre più sicuro, originale e autorevole.
Inoltre i due artisti, durante la loro permanenza a Montelupo, hanno seguito anche un’altra linea di ricerca, distinta e parallela. Infatti, oltre a portare avanti insieme agli artigiani l’idea di partenza, evolvendola e trasformandola, in base agli stimoli ricevuti e alla progressiva scoperta del materiale, in un lavoro compiuto strettamente connesso alla loro ricerca creativa attuale, hanno anche realizzato due grandi pannelli in gres porcellanato (Opera nigra e Rapacissime) che sono stati installati sul muro di argine della Pesa